Per contrastare il riscaldamento globale non c’è più un minuto da perdere: bisogna ridurre drasticamente le emissioni di Co2 e le direttive europee hanno fissato tappe inderogabili per ogni Paese membro. Diminuire i consumi di energia elettrica è un imperativo. Per questo la maggior parte dei Paesi dell’Unione, sotto varie forme, aiuta i cittadini che si attivano per eliminare la dispersione di calore nelle loro case o installano apparecchi meno energivori. Anche lo Stato italiano finanzia chi decide di fare interventi radicali come i cappotti termici, la sostituzione degli infissi o delle vecchie caldaie, l’installazione di pompe di calore ovvero di un condizionatore d’aria che può anche riscaldare d’inverno. Le nuove caldaie a condensazione fanno risparmiare fino al 30% di energia rispetto a quelle tradizionali, riciclando il calore dei loro stessi fumi. Ma come funziona questo incentivo e come si ottiene? ....... Nell’ultimo anno le vendite si sono impennate: siamo passati dalle 16 mila pompe di calore e 62 mila caldaie vendute nel 2018, ai quasi 70.000 condizionatori e 171.000 caldaie del 2020. Con previsione di superare le 206.000 nel 2021. E i dati non includono i tanti apparecchi acquistati con il «superbonus del 110%». Cosa è successo? Nel maggio 2020 (Decreto Legge 34) è arrivato il «credito d’imposta»: il venditore ti può scontare dal 50 al 65% del costo direttamente in fattura al momento dell’acquisto e ci penserà lui poi a riscuotere la differenza dallo Stato nel giro di un anno. L’effetto del decreto, oltre a produrre benefici per l’ambiente, ha rivitalizzato settori trainanti dell’economia come le costruzioni, l’impiantistica e l’idraulica. Gli affari vanno così bene che si fatica a trovare un tecnico installatore libero. Secondo il Cresme, ad aprile chi ha effettuato interventi di riqualificazione energetica ha accumulato oltre il 60% in più di credito di imposta rispetto a un anno fa, quando la cessione diretta del credito non era operativa. Nell’affare si sono buttate le multiutility. I colossi di gas ed energia propongono i prodotti porta a porta, chiavi in mano, e li fanno pagare in piccole, comode rate nelle bollette. Ma i loro preventivi, se si vanno a leggere con attenzione, e si confrontano con i prezzi praticati nei negozi, sono incredibilmente pesanti. Vediamo qualche esempio.
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"E' una legge attesa da anni", festeggiarono i deputati Iv a Montecitorio neanche otto mesi fa quando il disegno contro l'omotransfobia ottenne il primo via libera. Ora i parlamentari che lavorarono al testo, ma pure la ministra per le Pari opportunità che lo difese si ritrovano a seguire (in silenzio) la giravolta di Renzi e Faraone che guarda alle richieste della destra (Salvini in testa). Ddl Zan, ora Italia viva lo blocca ma a novembre applaudiva in Aula: ‘Testo equilibrato’. Articolo 1 da ‘rifare’? Lo scrisse la renziana Annibali. Non che i voltafaccia improvvisi di Italia viva facciano ancora notizia, ma quello sul ddl Zan, disegno di legge di cui sono stati promotori e che solo otto mesi fa hanno contribuito a scrivere, ha lasciato stupiti anche chi ai tradimenti di Matteo Renzi e compagni è ormai abituato. L’ammissione dei renziani, capogruppo al Senato Davide Faraone in testa, è ormai ufficiale: vogliono modifiche al provvedimento, proprio come chiedono Matteo Salvini e la destra, altrimenti la minaccia è che “così non passa”. Eppure basta riavvolgere il nastro solo fino a novembre scorso per trovare le dichiarazioni entusiaste dei deputati Iv che, in Aula, applaudivano per il primo via libera al disegno di legge contro l’omotransfobia. Quello stesso che ora vogliono affossare.
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Un'ultima speranza di mediazione per salvare il Movimento: al Senato è più forte il gruppo di eletti 5stelle pronti a seguire l'ex premier Giuseppe Conte nel suo nuovo progetto politico. L'ultima speranza di una mediazione, poi sarà forse inevitabilmente scissione: in assemblea i parlamentari 5 stelle - riuniti fino a notte fonda alla Camera e al Senato - hanno tentato di venire a capo dello psicodramma che si è aperto nel Movimento dopo il duro scontro tra l'ex premier Giuseppe Conte, capo politico in pectore, e il fondatore/garante/elevato Beppe Grillo. Al termine c'è la richiesta di poter vedere e votare lo Statuto che aveva proposto Conte, e la speranza di un'intesa al fotofinish. "A Giuseppe Conte ho solo chiesto la garanzia di avere la struttura del garante identica alla struttura che c'è adesso. Gli ho detto: 'dammi la possibilità di essere il visionario, il custode dei valori" ha detto in serata Grillo in un video in cui rivendicava le sue "scelte di cuore" rifiutando l'etichetta di "padre-padrone". E dalle due assemblee traspare il rammarico per la replica dell'ex premier a Grillo che accusandolo di autarchia avrebbe ostacolato un possibile tentativo di dialogo. Ma deputati e senatori ci sperano ancora. "Per una volta chiediamo noi a Beppe e Giuseppe responsabilità. Vediamoci e capiamo come difendere un sogno comune" ha detto in assemblea dei deputati Stefano Buffagni.
Leggi tutto: Il partito di Conte e il travaglio dei 5 stelle: esplodono le divisioni tra le correnti
Caos M5s, in Parlamento è iniziata la conta: ecco chi è pronto a seguire Giuseppe Conte e chi vuole restare con Beppe Grillo. C'è chi ha preso posizione pubblicamente e chi invece aspetta dietro le quinte. Ogni calcolo è prematuro, ma intanto secondo le ultime indiscrezioni sono circa 140 i parlamentari che sarebbero pronti a lasciare il Movimento per seguire l'ex premier. Di fronte a un terremoto senza precedenti per il M5s, nei gruppi parlamentari è il caos e gli eletti, incapaci di fare previsioni, cercano una bussola per non restare travolti da una situazione che mai avrebbero immaginato di una tale gravità. E in attesa che Giuseppe Conte concretizzi l’annuncio arrivato in serata (“Non terrò il mio progetto politico nel cassetto“), si dividono tra chi inizia a schierarsi e chi invece preferisce aspettare dietro le quinte. Ma proprio ripercorrendo le dichiarazioni e i post su Facebook degli esponenti 5 stelle si possono ricostruire gli umori contrastanti che agitano gli eletti. Intanto fonti vicine all’ex premier stanno sondando la situazione e, come confermato dall’agenzia Adnkronos, raccolgono a Palazzo Madama il numero più alto di “contiani”: su 75 senatori, l’80% sarebbe dalla parte dell’ex presidente del Consiglio. Mentre alla Camera, dove l’avvocato sembra avere meno seguaci, almeno il 50% dei deputati – su un totale di 161 eletti – starebbe con Conte. Tra Montecitorio e Palazzo Madama, Conte potrebbe contare su circa 140 parlamentari. Anche se, lo dicono tutti in queste ore, sono calcoli prematuri. E a fare la differenza potrebbero essere le parole di due pesi massimi che fino ad ora sono rimasti in silenzio: il presidente della Camera Roberto Fico e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
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dall'articolo di F. Q. per IlFattoQuotidiano.it
Vita Martinciglio, capogruppo M5S in commissione Finanze della Camera, perché il Movimento considera un errore l’eventuale cancellazione del cashback? “Perché è un passo in avanti verso la digitalizzazione del Paese che tutti, a parole, dicono di volere. Non sarebbe sensato sospendere una misura in vigore da appena 7 mesi che ha già raggiunto risultati ragguardevoli”. Quali vantaggi ha comportato l’introduzione della misura voluta dall’ex premier Giuseppe Conte? “Per prima cosa sta aiutando gli enti locali e la pubblica amministrazione a digitalizzare i rapporti con i contribuenti. Pensi che già 9 milioni di italiani hanno aderito al programma Cashback e per farlo hanno dovuto caricare la propria carta di pagamento sull’app IO. Senza contare che il cashback ha dato ossigeno ai consumi in un momento difficile e può essere importante nella lotta all’evasione e al nero”. I costi della misura sono limitati eppure si sceglie di sospenderla. Perché secondo lei? “Evidentemente per ragioni politiche più che di merito. Ma mi auguro che le pressioni del M5S, come anche di altre forze politiche, servano a correggere la misura senza sospenderla”.
Leggi tutto: Si torna al contante. Lo stop al Cashback è una decisione politica senza alcuna logica. Parla la...
Grillo smorza i toni su Conte, che però non molla e arriva ad evocare un suo partito. Con i gruppi parlamentari in ebollizione e i militanti divisi, il Movimento rischia di sparire. A meno che non arrivi un estremo sforzo di riconciliazione. Più di un terremoto: un’ecatombe. Almeno per Beppe Grillo che certamente non si sarebbe aspettato di essere abbandonato dai suoi stessi parlamentari. La sensazione nel giorno dopo lo strappo che pare definitivo (ma il condizionale, come vedremo, è d’obbligo) è che la stragrande maggioranza dei parlamentari del Movimento cinque stelle abbia chiaramente preso le parti di Giuseppe Conte. I commenti su Facebook sono eloquenti da questo punto di vista. Ed è altrettanto eloquente che dopo le parole di Vito Crimi (leggi l’articolo) in difesa di Conte e contro una qualunque votazione sulla piattaforma Rousseau, a parlare tramite una nota sono stati proprio i senatori pentastellati: “A Vito Crimi esprimiamo il nostro pieno ed incondizionato sostegno in questa delicata fase politica dove il suo ruolo si rivela ancora oggi imprescindibile. Da più di un anno Vito lavora incessantemente per gestire una difficile e delicata fase transitoria, coincisa peraltro con un periodo drammatico per il nostro Paese. A lui oggi rivolgiamo un accorato appello affinché vada avanti nel suo generoso sforzo verso un rinnovamento serio ed un reale rilancio del Movimento”.
Leggi tutto: Botte e risposte solo a distanza. Conte e Grillo sfasciano tutto senza il buonsenso di parlarsi....
“E’ un momento speciale per l’Italia ed è un momento speciale per l’Ue. Sono qui oggi a dire che avete l’appoggio totale della commissione europea”. È quanto ha dichiarato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nel suo intervento a Cinecittà alla presentazione dell’approvazione del Pnrr italiano, con il presidente del Consiglio, Mario Draghi. ........ “In occasione della visita della presidente Von der Leyen a Roma, la Commissione Europea ha promosso a pieni voti il Recovery Plan italiano” commentano i portavoce del MoVimento 5 Stelle in Commissione Bilancio alla Camera. “La Commissione Ue – aggiungono – darà quindi il via libera ai primi 25 miliardi di euro già questa estate, una parte degli oltre 200 miliardi conquistati in Europa da Giuseppe Conte nell’esclusivo interesse del Paese. A detta di tutti, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza somiglia molto a quello impostato dal precedente Governo che aveva posto tra le priorità la transizione ecologica e digitale, un grande piano per il Sud, lo sviluppo delle nostre imprese, la lotta alle disuguaglianze. E’ stato premiato il grande lavoro di Giuseppe Conte e del M5S e ora vigileremo affinché non venga sprecato nemmeno un centesimo di quei soldi”.
Leggi tutto: L’Italia modello di ripresa. La von der Leyen annuncia l’approvazione del Pnrr. M5S: “Premiato il...
Secondo Il Giornale Berlusconi avrebbe già registrato il marchio. Ma dalla Sicilia spunta il titolare del nome e del nominio, un broker sardo trapiantato tra Sicilia e Lombardia che lo ha depositato e utilizzato per candidare civici di centro destra in opposizione ai tre partiti che andavano divisi alle elezioni. Da Milano a Termini Imerese candidati e liste non hanno mai superato la prova delle urne. Stando al Giornale di oggi Berlusconi avrebbe già depositato il marchio “Centro-Destra Unito”. Dopo mesi di annunci, smentite e negoziati sembra cosa fatta, al più si tratta sui trattini. Sì perché arrivati al rush finale si scopre che un “Centro destra unito”, in realtà, esiste già, così come il dominio internet. Sono stati registrati sei anni fa, sia a livello nazionale che europeo. Non da Berlusconi, Salvini e Meloni ma da tal Francesco Maurizio Mulino, broker siciliano trapiantato a Milano col pallino della politica dal basso e il dente avvelenato coi tre leader da lui ritenuti “storicamente incapaci di trovare una sintesi, inclini ad andare ad elezioni l’un contro l’altro armato e soliti guardarsi in cagnesco”.
Leggi tutto: Berlusconi spinge per il ‘Centro-Destra Unito’. Ma il marchio è già registrato e arriva la diffida
Le immagini dell'incontro nella hall del Carlyle con Marta Massaioli: Sgarbi ha firmato in pochi minuti decine di certificati di autentica di quadri e tele che secondo gli inquirenti sapeva essere falsi. Per i carabinieri sono l'"indizio di colpevolezza numero uno". "Milano, hotel Carlyle. Interno giorno. Autenticatore distratto". Se la sequenza di foto di Vittorio Sgarbi che firma perizie a ripetizione mentre parla al telefonino fosse una composizione del maestro concettuale marchigiano Gino De Dominicis, potrebbe chiamarsi davvero così. Autenticatore distratto. I carabinieri del Comando tutela del patrimonio culturale, però, sono più prosaici. La definiscono "indizio di colpevolezza numero uno".
Leggi tutto: Vittorio Sgarbi, i quadri falsi e le autenticazioni al telefono, ecco le foto che accusano il...
Un'indagine di Altroconsumo ne promuove alcune, ma non ci sono regole precise. Individuarle servirebbe anche a risparmiare e proteggere l'ambiente. Le mascherine di stoffa riescono a filtrare le nostre secrezioni? Hanno caratteristiche simili a quelle chirurgiche e si possono quindi utilizzare in sicurezza con un impatto minore sull’ambiente? A queste domande ha cercato di rispondere un’analisi condotta da Altroconsumo e pubblicata in anteprima da Salute che ‘promuove’ alcune delle mascherine in tessuto. Una buona notizia anche per l’ambiente, perché se tutti per andare a lavoro, a scuola o a fare la spesa usassero questi prodotti al posto delle mascherine usa e getta si risparmierebbero ogni giorno tonnellate di rifiuti di plastica e si inquinerebbe meno il pianeta con un risparmio anche per le nostre tasche.
Leggi tutto: Coronavirus, quanto sono sicure le mascherine di stoffa
Passando al cesso più tempo della media – tra una foto ricordo e l’altra – a Sgarbi dev’essergli caduto dentro il cervello. Non può spiegarsi diversamente lo stupore che l’ha colto quando ieri migliaia di persone l’hanno sommerso di insulti per le volgarità gratuite che ha espresso sulla Raggi. Parole così miserabili da aver trasformato in leoni da tastiera anche i frequentatori dei social più moderati. Una “tempesta di m…” come l’ha definita lui stesso, provando a scaricarne l’origine sulla regia occulta di Rocco Casalino, che si occupa di altro ma per buttarla in caciara è un nome sempre buono da utilizzare. Vabbè – direte – niente di imprevedibile: con la stessa prosopopea con cui assegna patenti di stupidità a chi non gli aggrada e certificati di autenticità alle croste, il critico in servizio permanente effettivo anti-Cinque Stelle sulle tv di Berlusconi ha tirato la catena su ogni tipo di fair play in campagna elettorale. Il sasso tirato nello stagno però ha schizzato fango. Un po’ sullo stesso Sgarbi, che ha avvisato i romani su che razza di assessore si ritroveranno se voteranno a destra, e molto di più sulle donne, tutte le donne, e il disegno di far dialogare sinistra e M5S. L’assenza di solidarietà femminile (al di fuori del Movimento) verso la sindaca offesa con parole tanto orribili equivale a mettere il burqa a decenni di conquiste e di emancipazione, permettendo – senza dire una parola – persino l’evidente strumentalizzazione politica della vicenda del figlio di Grillo e di una presunta vittima di stupro.
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In piena pandemia c’è chi pensa di vendere le farmacie pubbliche. Presidi fondamentali nella lotta al Covid, per le vaccinazioni e non solo. Accade a Rieti, nell’alto Lazio, e a mettere il sigillo all’operazione è il candidato a sindaco di Roma per le destre, l’avvocato Enrico Michetti. Mr. Wolf, come definisce Michetti la sua principale sponsor, Giorgia Meloni, sembra avere da tempo rapporti stretti con la destra reatina e in particolare con il primo cittadino Antonio Cicchetti, ex esponente del Movimento sociale italiano poi passato a Forza Italia. Del resto l’aspirante sindaco romano da tempo colleziona una consulenza dietro l’altra, facendo affari con le pubbliche amministrazioni sia come avvocato che con la Gazzetta amministrativa, strumento utilizzato per offrire informazioni e servizi ai vari enti. Aggiungendo poi i legami con l’Anci, Michetti riesce a vendere appunto servizi e a ottenere incarichi sia da destra che da sinistra, come emerso anche su quelli dati dalla Regione Lazio oggetto di indagini da parte della Corte dei Conti e dell’Anac.
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Il premier Draghi ha consegnato la stesura del Pnrr a Camera e Senato e nel piano, rispetto alla bozza di Conte, sono diminuiti i fondi destinati a sanità, ambiente e infrastrutture. E sono spariti cashback e salario minimo. Subito sono partite le critiche dell'opposizione e di esperti che sostengono che il Parlamento sia stato lasciato all'oscuro e non ci sia stata un'adeguata discussione per un impiego di soldi così fondamentale per il futuro dell'Italia. Doveva essere il piano di “ripresa dei migliori”, ma la versione inviata in Parlamento dal governo Draghi non si discosta molto rispetto a quello presentato a gennaio da Giuseppe Conte. Lo aveva anticipato, nella sua prima uscita pubblica, lo stesso Draghi. E così è stato: le missioni del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza che entro venerdì 30 aprile dovrà essere trasmesso alla Commissione Europea rimangono le stesse sei, e anche le loro componenti.
Leggi tutto: Pochi fondi per salute e ambiente e un Parlamento informato all’ultimo: è questo il Recovery dei...
Il M5S sta valutando una mozione di revoca dal ruolo di sottosegretario per Claudio Durigon, uomo della Lega al Mef. La mozione potrebbe essere messa nero su bianco del gruppo M5S al Senato, mentre cresce nelle file grilline l’imbarazzo per il video postato questa mattina su Fanpage, con alcuni stralci che ritraggono proprio il sottosegretario leghista. “Questo è peggio del caso Siri”, commenta un big del M5S, ricordando il caso che agitò il primo governo Conte, accelerandone la fine. Il M5s vuole le dimissioni di Durigon dopo il video con telecamera nascosta. Il sottosegretario all’Economia del governo Draghi Claudio Durigon, eletto alla Camera nel 2018 con la Lega, è stato ripreso da una telecamera nascosta di Fanpage mentre diceva che “Quello che indaga della guardia di finanza“, “il generale”, “lo abbiamo messo noi“. Riferendosi all’indagine dei 49 milioni. La rivelazione è contenuta nella prima puntata della video-inchiesta Follow the money realizzata da Backstair, il team investigativo di Fanpage.it composto da Carla Falzone e Sacha Biazzo, con Marco Billeci e Adriano Biondi. Nel filmato, registrato durante una cena con i responsabili di alcune società di formazione, Durigon confida di non preoccuparsi delle indagini della magistratura che riguardano il suo partito. “I tre commercialisti? Tutte cazzate“, dice senza essere ripreso, riferendosi evidentemente ad Alberto Di Rubba, Andrea Manzoni e Michele Scillieri, i commercialisti legati al Carroccio indagati nell’inchiesta milanese sul caso Lombardia Film Commission (leggi l’articolo). “Lascia perdere, sono i giornali, fidati di me”, aggiunge. Al che il suo interlocutore lo incalza: “Veramente? Ci sta lui che sta facendo le indagini? Proprio questo della Finanza?”. La risposta: “Shhh, dai“.
Leggi tutto: Il M5s vuole le dimissioni di Durigon. Bufera sul sottosegretario dopo il video con la telecamera...
Il Movimento 5 Stelle chiede chiarezza dopo la pubblicazione dell'inchiesta di Fanpage.it sul sottosegretario all’Economia Claudio Durigon. “Il sottosegretario Durigon getta ombre sulla guardia di finanza: chiediamo chiarezza”, scrive il Movimento con un post su Facebook. Per il Movimento 5 Stelle “le parole di Durigon sono comunque incompatibili col ruolo che oggi ricopre”. Il riferimento è a quanto emerso dall’inchiesta di Fanpage.it sul sottosegretario leghista: “‘Quello che indaga della Guardia di Finanza…il generale… lo abbiamo messo noi’. Le parole sono del sottosegretario al ministero dell’Economia e Finanze, Claudio Durigon, esponente di spicco della Lega di Matteo Salvini. Sono registrate, nel corso in un’inchiesta del giornale Fanpage.it”, racconta il Movimento ripercorrendo l’inchiesta. Il Movimento sottolinea come venga ricostruita la “carriera politica di Durigon, descrivendo diversi aspetti opachi: il ruolo dell’Ugl, i rapporti del sindacato con la Lega di Salvini, la storia dei 49 milioni spariti… Ma quella frase in particolare è molto inquietante.
Leggi tutto: M5s chiede dimissioni di Durigon dopo inchiesta Fanpage.it: “Getta ombre sulla Guardia di finanza”
“Imbarazzo e malessere” tra le file del Movimento 5 Stelle, ma pure del Pd e di Leu per l’inchiesta di Fanpage sul sottosegretario al Mef della Lega, Claudio Durigon. “Il generale che fa le indagini lo abbiamo messo noi”, è la frase “catturata” dalla testata giornalistica pronunciata dal leghista e che ora sta generando malumori nella maggioranza. Non viene escluso dalle stesse fonti di maggioranza che il tema possa essere discusso nel Consiglio dei ministri di oggi. L’aspettativa, filtra, è quella delle dimissioni dell’uomo del Carroccio, altrimenti, “si potrebbe pensare a una mozione di sfiducia”. La nomina dei sottosegretari avviene su su proposta del presidente del Consiglio.
Leggi tutto: "Imbarazzo" M5S-Pd-Leu sul sottosegretario leghista Durigon. Ipotesi dimissioni