Il super cashback bloccato per i "furbetti" delle transazioni multiple?
Il governo Draghi vuole congelare il premio per fermare il fenomeno dei rimborsi a raffica. Si rischia anche la cancellazione totale del regalo da 1500 euro per chi effettua più transazioni entro sei mesi. La storia del furbetto del rimborso che ha effettuato 62 transazioni in soli 55 minuti per un importo complessivo di 6,51 euro in una pompa di benzina convince il governo Draghi allo stop sul super cashback. E così potrebbe essere fermato addirittura fino a dicembre il premio semestrale da 1500 euro per chi utilizza più volte bancomat, carte di credito e app per pagare gli scontrini: il ministero dell'Economia valuta uno stop per risolvere il problema di chi effettua tante piccole mini-transazioni a poche ore di distanza per scalare la classifica. La storia è cominciata all'inizio di febbraio, quando i giornali hanno raccontato la storia che si è verificata in un distributore di benzina di Caraglio, piccole comune in provincia di Cuneo. Il titolare della stazione di rifornimento Ip, Aldo Bergia, è rimasto sorpreso al mattino nel vedere 62 transazioni effettuate tra le 20:42 e le 21:37 della sera precedente. Decine di “scatti” anche di pochi centesimi, che però avevano uno scopo ben preciso: accumulare transazioni sulla propria carta bancomat per scalare la classifica del cashback.
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Grillo: “Roma ha ancora bisogno di Virginia Raggi, aridaje!”
L’endorsement di Beppe Grillo a Virginia Raggi è arrivato con un “Aridaje!”su Twitter, dove il garante del M5S ha condiviso una foto che lo ritrae insieme all’attuale sindaca di Roma. “Roma ha bisogno ancora di te!” ha scritto Grillo. “Chi sta con Virginia, sta con il MoVimento”. Appoggio rilanciato poi dall’ex capo politico Luigi Di Maio sulle sue pagine social, che però non dice niente sulla richiesta fatta da Raggi il 17 febbraio scorso, quando ha invitato i colleghi pentastellati a esprimersi con un voto su Rousseau sulla sua ricandidatura e abbandonare le ambiguità. Ma la corsa al Campidoglio è una patata bollente, anche perché il sostegno di Raggi andrebbe ad intaccare il percorso di alleanza tra Pd e M5s, il cui banco di prova saranno proprio le prossime elezioni amministrative. Anche se il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha ribadito l’importanza di “lasciar scegliere i territori” sui candidati, quella di Roma è una partita centrale per dare credibilità all’asse strategico “giallo-rosso”. Intanto nei giorni scorsi si era parlato della possibilità di presentare l’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri come candidato unitario, voce poi smentita dai vertici del partito. Se i grillini sostenessero Raggi in modo compatto – come il garante ha invitato a fare in modo deciso nel suo messaggio – l’alleanza sfumerebbe, e i due ex alleati di governo vedrebbero svanire il proprio progetto sul nascere, nei giorni in cui il M5S è attraversato da una profonda crisi interna dopo il no di oltre 40 parlamentari alla fiducia al governo Draghi.
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"Non leggo da 3 anni". Ma la Lega propone Borgonzoni sottosegretario all'Istruzione
È un riflesso pavloviano che attanaglia la Lega ogni volta che si parla di cultura: arriva il martelletto e Salvini estrae dal cilindro la mirabile figura di Lucia Borgonzoni, come se nella sua cesta avesse solo quello e come se tutte le figure barbine collezionate fin qui siano slavate dalla memoria corte di cittadini ed elettori. E così accade ancora che per il ruolo di sottosegretaria all’Istruzione circoli con molta insistenza sempre lei, ancora lei, che sottosegretaria alla cultura era stata già in occasione del primo governo Conte, quando ci deliziò dicendo “leggo poco, studio sempre cose per lavoro. L’ultima cosa che ho riletto per svago Il Castello di Kafka, tre anni fa. Ora che mi dedicherò alla cultura magari andrò più al cinema e a teatro”, incassando subito lo sdegno di chi alla cultura si dedica da una vita e si è ritrovato ad avere una referente del genere. Ma Lucia Borgonzoni la ricordiamo anche candidata alle elezioni regionali in Emilia Romagna dove sfoggiò un alto esercizio di cultura generale raccontandoci come l’Emilia Romagna confinasse con il Trentino (del resto cosa interessa a una leghista dei confinanti, loro che vogliono chiudere i confini?) e la sua notevole proposta di tenere gli ospedali “aperti di notte, di sabato e di domenica, come in Veneto” per “difendere i più deboli” dimenticando (o non sapendo) che era già così dappertutto, mica solo nelle regioni governate dalla Lega.
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Di Maio: “Spero che il M5S possa accogliere Conte a braccia aperte il prima possibile perché incarna i nostri valori ed è una grande risorsa per il Paese”
“Siamo andati al Governo nel momento più difficile dell’Italia dal dopoguerra. Voglio ringraziare Giuseppe Conte per la signorilità con cui ha gestito l’uscita di scena, si dice che il valore delle persone si capisce da come escono da un incarico e Giuseppe Conte è stato un signore”. E’ quanto ha detto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. “Con lui è un arrivederci – aggiunto l’esponente pentastellato -, spero che il M5S possa accoglierlo a braccia aperte il prima possibile perché incarna i nostri valori ed è grande risorsa per il Paese. E seconda cosa: ho detto sì perché condivido le posizioni di Beppe Grillo”.
Primo scoglio per il nuovo Esecutivo guidato da Mario Draghi. Prossime le scadenza dei decreti Conte riguardanti la mobilità tra Regioni (25 febbraio) e le altre misure anti-Covid (5 marzo).
Come indossi le mascherine è più importante del materiale di cui sono fatte
Analizzando la vestibilità di diversi modelli di mascherine, un team di ricerca guidato da scienziati dell’Università di Cambridge ha dimostrato che in molti casi i dispositivi non si adattano bene al viso, facendone crollare l’efficacia protettiva. Una N95 che non aderisce bene al viso filtra le stesse particelle respiratorie di una mascherina di comunità e chirurgica. Le mascherine rappresentano una delle principali misure anti contagio contro il coronavirus SARS-CoV-2, assieme al lavaggio delle mani e al distanziamento sociale, e ormai tutti noi abbiamo imparato a conviverci. Per la popolazione generale sono raccomandate le mascherine chirurgiche e le cosiddette mascherine di comunità in tessuto, mentre sono pensati per gli operatori sanitari i filtratori professionali FFP2 ed FFP3.
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Obiettivo Arcuri, come nasce l’amore della destra per Guido Bertolaso
Domenico Arcuri, commissario scelto dal governo Conte per gestire l'emergenza Covid-19, è sempre più in bilico. Da più parti viene considerata disastrosa la sua gestione e per sostituirlo il centrodestra propone Guido Bertolaso, medico, laureato con il massimo dei voti, trasformato in signore dei disastri e dell’emergenza. Nasce in Campania l'idillio tra il centrodestra e Bertolaso, più correttamente tra Bertolaso e Berlusconi. Un giorno lo sancisce: Il 26 marzo del 2009.
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Smontata la balla del Parlamento esautorato. Con i Governi Conte 1 e 2 più modifiche ai decreti che con i precedenti
Chi sosteneva che durante i due Governi Conte il Parlamento è stato esautorato a colpi di decreti è destinato a ricredersi. L’Osservatorio sulla legislazione della Camera, che dà supporto tecnico al Comitato per la legislazione attualmente presieduto dal dem Stefano Ceccanti (nella foto), analizzando quanto accaduto in questa prima parte della legislatura e confrontandolo con lo stesso periodo delle due legislature precedenti, ha infatti appurato che per quanto riguarda proprio la decretazione d’urgenza, nonostante gli stravolgimenti apportati alla stessa attività parlamentare dalla pandemia, è aumentata la “capacità trasformativa” del Parlamento. Dall’inizio della legislatura i decreti legge sono cresciuti in media di 54 commi rispetto ai 31 dello stesso periodo della legislatura precedente e ai 25 della XVI. I parlamentari non hanno dovuto quindi semplicemente avallare o respingere le scelte dell’esecutivo, ma hanno avuto modo di intervenire e di modificare le norme.
Governo Draghi, solo una brutta copia del Conte-bis?
Tutti delusi dai nuovi ministri decisi da Mario Draghi. Quello che meno di tutti va giù è però Roberto Speranza. Un boccone amarissimo, quello della conferma del ministro della Salute già del Conte bis, anche per Paolo Becchi. "C’erano tante speranze e invece ci ritroviamo Speranza, applicato Manuale Cencelli", ha cinguettato l'editorialista di Libero vista la lista. D'altronde il flop del ministro impegnato nella gestione dell'emergenza coronavirus è sotto gli occhi di tutti. Lo stesso Massimiliano Cencelli è intervenuto per dire la sua. Dato pienamente ragione a Becchi. "La lista dei ministri del governo Draghi in linea di massima rispecchia il mio manuale... Sono 3 del Movimento 5 stelle, 3 del Pd, tre di Forza Italia. Draghi ha applicato al 50% il manuale Cencelli e al 50% ha riesumato tutti i ministeri che erano stato chiusi''.
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Eredità al cane, nel testamento esclude i figli: «Loro mi hanno deluso, lui mai»
Ha deciso di scrivere il proprio testamento e lasciare i propri beni in eredità alla seconda moglie e al cane, ma non ai figli. Sta facendo il giro del mondo la storia di un agricoltore cinquantenne, residente in India. Il protagonista dell'insolita vicenda è Om Narayan Verma, un agricoltore che vive nel distretto di Chhindwara, nello stato indiano del Madhya Pradesh. L'uomo, che possiede oltre otto ettari di terreno, ha deciso di scrivere il proprio testamento, includendo nell'eredità la sua seconda moglie, Champa, ed il suo cane, Jacky. Il testamento. La donna ed il cane riceveranno metà terreno ciascuno, come spiegato dal diretto interessato all'agenzia di stampa Ani News: «Loro sono coloro che si sono presi di cura di me e mi hanno sempre supportato. Chiunque si prenderà cura di Jacky, alla sua morte, potrà ereditare quella parte di terra». La decisione sarebbe giunta dopo una furente lite tra il 50enne agricoltore e i figli.
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Scissione, caos, Intifada! Vanno avanti da otto anni. E invece siamo sempre qua.
Scissione, caos, Intifada! Vanno avanti da otto anni. Da otto anni propalano la nostra fine, rovina, sparizione. E invece siamo sempre qua. Nel frattempo, altri provocavano scissioni nei loro partiti, per crearne di nuovi senza grande successo. Altri riverniciavano i nomi delle loro forze politiche. Noi, invece, discutevamo, certo. Votavamo, decidevamo insieme. Cambiavamo idea, anche questo è accaduto, non lo neghiamo. Ma crescevamo, nel frattempo. In otto anni, questi anni che secondo i profeti di sventura erano gli anni della scissione, del caos, dell’Intifada, il Movimento ha conquistato e amministrato (bene) grandi città, è entrato in Parlamento, poi c’è tornato come la prima forza eletta dai cittadini, è andato al governo dove ha consentito l’approvazione di leggi importantissime, ha voluto il taglio dei parlamentari passando attraverso un referendum stravinto.
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M5s, Salvini, Pd, Renzi: chi ha vinto e chi ha perso con il governo Draghi
Alla fine Mario Draghi è salito davvero al Quirinale ieri, venerdì 12 febbraio, per annunciare la lista di ministri del suo governo, che giurerà oggi alle 12 al Quirinale. Il primo consiglio dei ministri potrebbe arrivare già domenica, mentre secondo i rumors la fiducia al Senato dovrebbe essere votata mercoledì e il giorno dopo dovrebbe toccare alla Camera. Ma chi ha vinto e chi ha perso con il governo Draghi, un mix tra tecnici e politici come da modello Ciampi ma nel quale per la prima volta dalla fondazione della Repubblica i partiti non hanno messo bocca, lasciando le scelte a SuperMario e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella? M5s, Salvini, Pd, Renzi: chi ha vinto e chi ha perso con il governo Draghi. Sicuramente il primo vincitore della partita politica è Matteo Renzi. Anche se Italia Viva vede ridotta a un solo nome (quello di Elena Bonetti, ma fino all'ultimo i renziani davano in ballo Teresa Bellanova) la sua rappresentanza nell'esecutivo, alla fine il piano del senatore di Scandicci per far lasciare a Giuseppe Conte Palazzo Chigi è riuscito, così come quello di far arrivare alla presidenza del Consiglio l'uomo che aveva sentito e sondato anche nei giorni precedenti allo scoppio della crisi di governo. Ma Italia viva diventa di fatto invisibile: via Teresa Bellanova, resta solo Elena Bonetti alla Famiglia. In più Renzi ha pagato un prezzo altissimo nei confronti dell'opinione pubblica: come aveva detto D'Alema ("Non si può mandare a casa l'uomo più popolare d'Italia per opera del più impopolare") attualmente il leader di Italia Viva è in fondo alla classifica dei politici per gradimento e molto probabilmente ci resterà ancora per tanto tempo. E prima o poi le elezioni politiche arriveranno. Due sicuri vincitori sono Matteo Salvini e Silvio Berlusconi.
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Draghi è il nuovo premier. Confermati 9 ministri, tra cui Speranza, Di Maio e Lamorgese. 15 sono politici, 8 tecnici
Il governo Draghi è ora realtà: il presidente del Consiglio, infatti, nella serata di venerdì 12 febbraio è salito al Quirinale, ha sciolto la riserva e presentato la lista dei ministri del suo esecutivo composto da 15 ministri politici (4 del M5S, 3 del Pd, 3 di Forza Italia, 3 della Lega, uno ciascuno per Italia Viva e Leu) e 8 tecnici. Il governo è oggi atteso al Quirinale, dove alle 12,00 è in programma la cerimonia di giuramento. Poi ci sarà il consueto scambio della campanella tra l’attuale presidente del Consiglio e il suo predecessore, Giuseppe Conte, e subito dopo il primo consiglio dei ministri.
Sileri spauracchio dei poteri forti. Per lui c’è aria di conferma. Per oltre un anno in guerra coi mandarini della Sanità. Il vice di Speranza ha scoperchiato i mali del sistema
Pierpaolo Sileri sente che potrebbero essere i suoi ultimi giorni al ministero della Sanità. Abbiamo imparato a conoscerlo in Tv dove ha trovato casa ed usbergo in piena pandemia. Abbiamo imparato che è un bravo tecnico, come lui stesso si definisce. Non molto comunicativo, con una ritrosia che alcuni scambiano per spocchia, ma certamente preparato e di questi tempi sono doti auree. Nel grattacielo all’Eur costruito da Parnasi non è amato. I mandarinoni del ministero lo temono perché Sileri va in Tv e spiattella tutto senza problemi. Così ha criticato duramente la gestione scaduta e taroccata del piano anti pandemia. NIENTE SCONTI. Lo ha fatto entrando nel merito e dicendo nomi e cognomi, Guerra e D’Amario per esempio. Dice del piano: “Fermo al 2006 per la sciatteria dei dirigenti del ministero. Ora serve un’indagine interna”. Si fa molti nemici, ma serve l’interesse pubblico. Non si nasconde neppure quando c’è da attaccare, se pur indirettamente, il suo ministro Speranza, visto che i papaveroni dipendono da lui. Dunque se dovesse essere defenestrato, come gira voce, sarebbe proprio la nomenklatura ministeriale a brindare e danzare nel grattacielo con vista laghetto. Di lui si apprezza la conoscenza tecnica, è un medico, e il pragmatismo.
Vogliamo i competenti
Se prima bastava leggere i giornaloni per sapere che mai i poteri marci avrebbero consentito al governo Conte, il più “sociale” e lontano dalle lobby mai visto in Italia, di gestire i 209 miliardi del Recovery Fund, ora basta leggere i giornaloni e vedere i talk show per sapere che cosa ci aspetta nei prossimi mesi. Non sono trascorsi 10 giorni dalla crisi di governo e tutti già fingono di dimenticare chi l’ha scatenata. Cianciano di “crisi di sistema”, come se un bulletto col 2% facesse capoluogo. Sproloquiano di “fallimento della legislatura populista” e “vittoria dei competenti sugli incompetenti”, come se prima del 2018 l’Italia fosse stata governata da competenti, come se dal 2018 a oggi fosse stata governata da incompetenti e come se ora l’indubbia competenza di Draghi (in fatto di economia e finanza, non di altro) si estendesse automaticamente a tutti i rami dello scibile umano e, per contagio, a tutti i suoi futuri ministri. Di cui nessuno sa ancora nulla, ma a cui tutti (salvo FdI), hanno già garantito la fiducia. Al buio. Uscendo dalle consultazioni con le mani alzate e le braghe calate. Ora che anche 6 iscritti su 10 dei 5Stelle si son bevuti la supercazzola di Grillo sul Superministero della Transizione Ecologica e hanno dato il via libera al suicidio del M5S, oggi sposo di B. e dei 2 Matteo, sapremo finalmente tutto del governo che “salverà l’Italia”.
Draghi salirà oggi al Quirinale. Ma Super Mario non tratta sui ministri. Li nominerà col Colle. Voci su un possibile ingresso nell’esecutivo di Gianni Letta
Sono disperati. Nei partiti che hanno assicurato sostegno a Mario Draghi ormai è crisi di nervi. Il premier incaricato continua a non parlare di poltrone e, tra chi invoca spazi per le donne e chi incarichi ai migliori, la paura di restare senza un minimo di potere è grande. L’ex presidente della Bce non se ne cura e ha fatto capire che dei ministri parlerà soltanto con il Presidente della Repubblica, in un incontro che forse dovrebbe svolgersi già oggi. Dalla Lega alla sinistra sembra debbano arrendersi: nessun Ministero di peso sembra verrà offerto ai politici e per tornare a Palazzo Chigi dovranno accontentarsi di qualche strapuntino. ORE FRENETICHE. Draghi sulla squadra sta lavorando in grande silenzio, sicuro che ormai il suo esecutivo è blindato e che in Italia l’unico suo vero referente è il Capo dello Stato. Chiamerà prima di salire al Colle? Sembra che questa sia diventata l’ultima speranza dei leader delle diverse forze politiche. Tutti in fibrillazione, fatta eccezione per Giorgia Meloni che si è subito messa all’opposizione.
La sfiducia nei partiti è al 90%, ricordiamocelo
Peppino Caldarola, giornalista che manca molto, mi chiese tre anni fa di scrivergli una riflessione sulla Lega per la rivista Italianieuropei. Restio a rispondere a tali sollecitazioni, per Peppino, visto l’affetto che avevo per lui, feci un’eccezione. Pubblicò il mio articolo il 14 giugno 2018. Il titolo, “Dalla Lega Nord a Salvini”, riassumeva bene quell’analisi. Su Salvini. La campagna elettorale dura da anni. Sistematica. Quotidiana. Ha cambiato la natura della Lega delle origini senza pregiudicare quel consenso. A Coblenza, nel febbraio 2017, ha partecipato con Marine Le Pen e altri al vertice dei nazionalisti europei. Nazionalista e non populista come pigramente è stato definito da intellettuali e politici progressisti. Ha tolto il Nord dal simbolo per affermare il partito in tutto il Paese. Su Giorgetti. Un amico, un parlamentare capace, allergico alla politica-spettacolo e superficiale, uomo dalle solide radici popolari a partire dall’amatissimo papà, pescatore e supertifoso del Varese, come il figlio. Il successo di Salvini, dipenderà, sostenevo, dalla capacità del centrosinistra di affondare il coltello nella piaga di contraddizioni macroscopiche. Cultura del lavoro, del rischio, del risparmio, della piccola proprietà, dell’autonomia. Questo è il Nord. Da noi, si dice, che un lavoro, se non è fatto bene, non è un lavoro. Sino a quando la sinistra non assumerà fino in fondo questo valore nella regione più popolosa e produttiva, la Lombardia, sarà sempre minoranza sociale e culturale. Quindi, politica. Al netto del fastidio per le autocitazioni, siamo costretti a partire da lì per capire cosa stia succedendo oggi. E siamo ancora qua. E già. Il centrosinistra non ha saputo incidere sulle evidenti contraddizioni del partito “Salvini Premier”. Giorgetti ha ritenuto, probabilmente ritiene da anni, che quelle contraddizioni non potevano durare. Da decenni la finanza comanda, i tecnici eseguono, i politici vanno in TV. Riconoscerlo, per un esponente politico, è la forma più feroce, ma onesta, di autocritica.
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5 Stelle nel governo Frankenstein? Ok, ma solo se ci sono garanzie
Correva l'anno 1978 e Lucio Battisti cantava "non lo so però ci sto". Anche i due Mattei sfascia-governi (per motivi che ai più ancora rimangono oscuri), solo all'apparire dell'aura stellata del guru dell'euro Mario Bros da Francoforte, si sono calati le braghe. Loro ci stanno, ci vogliono stare a qualunque costo nel Governo Draghi. L'hanno detto, accettano il pacchetto a scatola chiusa e non pongono veti. Non sanno chi lo comporra' ne' quale sarà il programma del nuovo Esecutivo, sanno solo che DEVONO essere della partita a tutti i costi. Se rimanessero fuori dalla stanza dei bottoni sanno che i 5 Stelle (e a rimorchio Pd e Leu), blinderebbero le loro leggi e il malloppo del Recovery Fund rischierebbe di non finire nelle saccocce giuste. Quelle stesse saccocce nell'interesse delle quali, vista la malparata grillina, prima l'uno, poi l'altro, hanno pensato bene di far cadere due governi. Quel pazzo visionario di Grillo ci è sceso da Genova per convincerle ad entrare nel nuovo Esecutivo Draghi quelle anime tormentate dei 5 Stelle. È sceso a Roma che se le stavano dando di santa ragione mentre il giornalone unico, già scosso da orgasmi multipli, evocava la scissione come cosa fatta.
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Il governo Draghi ha un problema: Salvini ministro
l leader della Lega vuole entrare nell'esecutivo "europeista" di SuperMario. Perché punta a mandarlo al Quirinale dopo il semestre bianco e subito dopo andare alle elezioni e vincerle. Ma il suo piano potrebbe avere un intoppo. Ecco quale. Il governo Draghi sarà europeista ed atlantista, ha detto il presidente del Consiglio incaricato "con riserva" nel secondo giro di consultazioni con le forze politiche che si concluderà oggi. E proprio per questo SuperMario ha un problema con un nome e un cognome: Matteo Salvini. Il quale ha detto sì all'entrata in maggioranza sparigliando le carte nel centrodestra e, soprattutto, mettendo in seria difficoltà il Partito Democratico e il MoVimento 5 Stelle. Ma ha anche fissato un limite temporale per la durata dell'esecutivo ("Noi ci saremo per i mesi che serviranno") e nel frattempo accetterebbe volentieri, come si suol dire, un incarico di ministro. Ambirebbe alla Difesa oppure all'Agricoltura: niente Interni, visto che lì rimarrà con tutta probabilità l'odiata Luciana Lamorgese. Intanto Silvio Berlusconi prova a ritagliare nuovi spazi per Forza Italia: "Non era pensabile una prosecuzione dell'esperienza precedente, né un suo allargamento. Occorreva qualcosa di totalmente nuovo". E Rutelli chiama in causa il governo Ciampi del 1993, già preso a modello da Draghi.
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L’estate a scuola? Se lo propone Azzolina è una scemenza, se lo dice Draghi ha perfettamente senso
Confessiamolo, non è un gran momento per assistere a discorsi lucidi sulle proposte politiche: la spasmodica attesa e le grandi aspettative del possibile prossimo governo Draghi e il fatto che per il momento sembrano volerci entrare praticamente quasi tutti i partiti hanno sdoganato posizioni fideistiche che confidano sul potere taumaturgico del governo che verrà. E invece un po’ di lucidità fa bene a noi e può essere d’aiuto anche a Mario Draghi, sicuro. In queste ore sta ottenendo lodi sperticate la proposta del premier incaricato di tenere aperte le scuole fino alla fine di giugno “per recuperare le giornate perse” durante la pandemia (riferiscono così i parlamentari che hanno partecipato alle consultazioni). Si alzano i cori: “Prolungare la scuola è il vero messaggio al Paese”, scrive l’ex senatore del Pd Stefano Esposito. “Dopo un anno la cui preoccupazione del Governo è stata la chiusura delle scuole […] la capite la differenza?”, fa notare l’ex deputato Fabio Lavagno. E via così: il giornalista de La Stampa Iacoboni scrive del passaggio “dalla propaganda a delle sane, semplici idee di governo” e gli editorialisti esultano. Tutto bene, per carità. Ma c’è un punto che forse vale la pena rimarcare: la proposta di prolungare l’anno scolastico fino a fine giugno era già stata lanciata dalla ex ministra Azzolina proprio a dicembre dell’anno scorso, poche settimane fa. In quel caso la reazione della stampa e della politica fu diametralmente opposta (cadendo spesso nella derisione) e il mondo della scuola pose obiezioni che valgono ancora oggi: la Cisl parlò di idea “inopportuna” chiarendo come ci fossero “scuole dove l’attività non si è mai interrotta, anzi, ci sono scuole in cui si è sempre lavorato tra mille difficoltà”. “Le scuole sono aperte, nessuno ha chiuso”.
Qui Radio Colle: il Quirinale infastidito per la votazione M5S su Rousseau
Al Colle non hanno per nulla preso bene la decisione di demandare alla votazione su Rousseau il via libera (o meno) all’ingresso dei 5 Stelle nel nascituro governo Draghi. Sebbene la vittoria del “Sì” venga data per acquista, al Quirinale temono però che una eventuale rilevante affermazione del “No” possa avere degli effetti a cascata anche negli altri partiti e riaprire delle ferite mai completamente chiuse, specialmente nel PD dove sottotraccia esistono ancora delle sacche di forte dissenso a far parte di una maggioranza insieme alla Lega. Insomma, il rischio secondo gli uomini del Colle non sarebbe tanto sul risultato finale dove non vi sarebbero incertezze, quanto sull’aumento di dubbi e polemiche che potrebbero derivare da un rilevante risultato del no a Draghi e spezzare quel clima di positività che si è creato intorno all’ex banchiere Bce. Ma c’è anche un’altra ragione per la quale la votazione pentastellata su Rosseuau sta mettendo a dura prova la pazienza del Quirinale: potrebbe causare ritardi nello scioglimento della riserva da parte del premier incaricato. Come abbiamo più volte scritto, anche se da un punto di vista formale Mattarella non ha dato scadenze temporali, l’obiettivo era quello di arrivare entro la fine di questa settimana alla nascita del nuovo esecutivo.
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