Vaffanculo! E senza Green Pass
Molte delle facce più note che ieri erano in piazza contro il Green Pass sono le stesse che un anno fa protestavano con gli stessi argomenti contro le mascherine, definite – vi ricordate? – insopportabili limitazioni della libertà. Ora Sgarbi, Paragone, i leghisti Borghi, Pillon e compagnia strillando hanno trovato un nuovo palcoscenico sul quale esibirsi con l’identico repertorio di scempiaggini, che parte dalla dittatura sanitaria e arriva al complotto di chissà chi per renderci cavie di pericolosissimi vaccini. Per questi paladini del diritto di sbattersene di ogni regola – anche la più piccola e limitata a tiraci fuori prima possibile da una pandemia – i concetti di collaborazione, sacrificio, rispetto del prossimo non esistono. E cavalcando due mostri potentissimi – paura e ignoranza – non si fanno scrupolo di rallentare la fine di un incubo in cambio di qualche voto e un po’ di foraggio per il loro ego.
Per i tedeschi ragazza è neutro. Anche questa lingua, così diversa, sta adeguandosi alle regole del politically correct
Che genere usare, maschile o femminile, quando ci si rivolge a un gruppo di uomini e di donne? A sorpresa il tedesco Pen Zentrum ha scelto il maschile. Ma scrittrici e scrittori che hanno votato sono già indietro con i tempi e con il politically correct. Dovrebbero sapere che due generi non bastano, ci sono molte altre varianti, e sono stati battuti dalla Lufthansa, che ha cambiato il suo tradizionale saluto ai passeggeri prima del decollo: abolito il sorpassato «signore e signori», per non dover perdere tempo elencando tutte le possibii varianti, ha scelto un banale «clienti».
Altro che giovani sfaticati: il caso di Grafica Veneta dimostra che certi imprenditori cercano solo schiavi
Eccolo qua il bubbone che scoppia con la Grafica Veneta Spa di Trebaseleghe, l’azienda che un certo Nord si portava addosso come fiore all’occhiello della produttività settentrionale e che esplode con tutto il puzzo dello schiavismo, della violenza e dei diritti che vanno a farsi fottere in nome del fatturato. Si potrebbe sperare che l’azienda leader nel suo settore, quello che ha stampato tutti i libri di Harry Potter che stanno su tutti i comodini, possa godere dello stesso strombazzamento tossico di certo giornalismo che in questi mesi si è compulsivamente inorridito ogni volta che il proprietario di qualche alberghetto ha puntato il dito contro i giovani che non vogliono lavorare o contro il reddito di cittadinanza.
I Cinque Stelle limitano i danni. Ma si valuta il voto della base. Sulla giustizia più di così non si poteva ottenere
La politica, si sa, è frutto di mediazioni. Tanto più se ad essere discussa è una legge profondamente delicata come quella della riforma della giustizia. Tanto più se a discuterla sono forze politiche profondamente distanti per storia, indole e cultura. Questo era – ed è – noto a Mario Draghi, a Marta Cartabia e a tutti i leader dei partiti di maggioranza. Giuseppe Conte compreso. Ecco perché l’accordo raggiunto dopo una giornata infinita in realtà segna più di una semplice mediazione, ma una vera e propria vittoria del Movimento cinque stelle. Lo sa bene Conte. E, soprattutto, lo sanno bene i gruppi parlamentari pentastellati. “È un po’ come quando siamo entrati nel governo: l’abbiamo fatto perché avere voce in capitolo sul Pnrr è importante, pur sapendo che ad incidere nella gestione ci sono anche partiti lontani da noi. Sulla giustizia è lo stesso: se non ci fossero stati il Movimento e Conte ora i processi per reati di mafia, di terrorismo e di violenza sessuale non saranno più estinguibili”, spiega un parlamentare Cinque stelle.
Riforma Cartabia, il nuovo emendamento salva i colletti bianchi delle mafie. M5s: “Non si transige”. Cdm subito sospeso. I 5 stelle valutano l’astensione
Nessuno stop all'improcedibilità, ma soltanto "ulteriori proroghe" a discrezione del giudice. Dall'elenco però restano fuori i reati commessi avvalendosi dell'organizzazione mafiosa o al fine di agevolarne l'attività: ad esempio l'estorsione, la corruzione, il riciclaggio, il sequestro di persona, il favoreggiamento (come quello di cui era accusato l'ex governatore della Sicilia Totò Cuffaro). Nessuno stop all’improcedibilità, ma soltanto “ulteriori proroghe” alla durata dei processi più complessi, di non più di un anno (in Appello) e sei mesi (in Cassazione) ciascuna, per una serie di reati: quelli di associazione mafiosa e terroristica, il voto di scambio politico-mafioso, le ipotesi di violenze sessuali e l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Non è incluso però l’articolo 416-bis.1 del codice penale, che prevede l’aggravante per i reati commessi avvalendosi dell’organizzazione mafiosa o al fine di agevolarne l’attività: ad esempio il tentato omicidio, l’estorsione, la corruzione, il riciclaggio, il sequestro di persona, il contrabbando, il favoreggiamento (come quello per cui è stato condannato a 7 anni di carcere l’ex governatore della Sicilia Totò Cuffaro) o il depistaggio (come quello delle indagini sulla strage di via d’Amelio, per cui si indaga a Caltanissetta).
Il piano Covid non c’è, le assunzioni neanche, rebus trasporti: il Governo dei Migliori si è dimenticato della scuola
E la scuola dove è finita? Più o meno in questi giorni, esattamente un anno fa, i giornali del coro si esercitavano nel tiro a segno sul ministero della Pubblica Istruzione, scrivendo che nulla stava loro a cuore più della scuola italiana. Scrivevano che i banchi a rotelle erano una buffonata costosa e inutile, creando una meravigliosa e accattivante manipolazione, di cui Matteo Salvini fece dubito tesoro: il ministro Lucia Azzolina, infatti, non obbligava nessuno a comprarli, ma lasciava alle autonomie scolastiche la libertà di scegliere gli arredi che preferivano, tra cui (anche) i famigerati banchi a rotelle, peraltro molto diffusi nel Nord Europa e ideali per gli studenti dell’ultimo anno. Ma i banchi si potevano comprare anche rettangolari o quadrati, monoposto o biposto, a seconda delle esigenze di ogni direttore scolastico. I giornali scrivevano anche che, in ogni caso, i banchi a rotelle non sarebbero arrivati mai nelle aule in tempo, si facevano calcoli complicati sulle gare e sulle disponibilità di magazzino, si andavano a intervistare i produttori italiani di arredi scolastici. E così, dopo questo polverone, molti giornalisti zelanti si dimenticarono di registrare che ad inizio ottobre il Governo Conte e il commissario Domenico Arcuri (che aveva la responsabilità degli acquisti) erano riusciti a far consegnare oltre il 90% degli arredi ordinati. Quasi un record mondiale.
Altro che unità nazionale: dalla giustizia ai vaccini, maggioranza più spaccata che mai
Altro che unità nazionale: nell’estate della variante Delta, a pochi giorni dall’inizio del semestre bianco, la maggioranza di governo è più spaccato che mai. Su tutto. I nodi principali che il governo deve sbrigliare entro agosto, dal rientro a scuola alla riforma della giustizia, accendono gli animi dei partiti, tra richieste contrapposte, veti incrociati, incontri e slittamenti. Solo ieri sera si è aperto qualche spiraglio sulla riforma Cartabia dopo che la Lega, due giorni fa, aveva messo i bastoni tra le ruote di via Arenula e comunicato la sua perplessità sulla richiesta del M5S, accolta, di “proteggere” i reati per mafia e terrorismo. Dopo l’ennesimo confronto con il premier Draghi, Matteo Salvini ha fatto sapere che è “giusto non mandare in prescrizione i processi di mafia”, ma che per la Lega “è altrettanto doveroso prevedere che anche per i reati di violenza sessuale e traffico di droga i processi vadano fino in fondo”. E oggi il segretario del Carroccio spenderà la giornata a Roma per continuare a mediare e chiudere sulla riforma. Ma la strada è tutt’altro che in discesa, con Giuseppe Conte che batte su un punto: un sistema di giustizia efficiente. Quindi la modifica del testo, altrimenti i numeri dei grillini peseranno. L’accordo tra i partiti sulla modifiche alla proposta Cartabia sulla riforma del processo penale non c’è, e la prospettiva che possa essere raggiunto in tempo per farla approvare dalla Camera prima della pausa estiva è lontana.
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Gualtieri pensa a un nuovo metrò ma è già in costruzione. Per il vicesindaco Calabrese: “Scopiazza il programma M5S del 2016”
“La sola cosa che fa è copiare il nostro programma, però quello del 2016”. Questo il pensiero del vicesindaco e assessore alla mobilità di Roma, Pietro Calabrese, in merito al piano di Roberto Gualtieri per la mobilità. Gualtieri annuncia il suo piano trasporti per Roma. Al primo posto c’è lo stop alla funivia Battistini-Casalotti che, però, è già stata finanziata dal Governo… “Questo è il candidato sindaco Gualtieri: distruggere progetti con iter avviati da anni per mera campagna elettorale. La solita storia ad ogni cambio di amministrazione, a danno dei cittadini. La sua è una proposta follemente ideologica, priva di qualsiasi legittimità tecnica. La funivia risponde a precise analisi trasportistiche tanto da aver già ottenuto il finanziamento vincolato dal ministero delle Infrastrutture. Vorrei ricordare al candidato dem che un piano trasporti dettagliato per la Capitale esiste già: lo abbiamo fatto con la partecipazione dei cittadini, il Pums, adottato dall’Assemblea capitolina nell’agosto 2019”. Al posto della funivia, il dem intende prolungare la metro A. Quest’ultima opera, in realtà, è già prevista dal Pums. Si tratta di due progetti alternativo, come dice Gualtieri? “Il prolungamento che abbiamo previsto per la linea A è integrato alla funivia. Ancora una volta il candidato dem mostra tutta la sua incompetenza. Dovrebbe studiare molto di più, soprattutto gli atti di pianificazione che lo stesso Pd ha approvato in passato. Noi, così come previsto dal Piano Regolatore Generale dal 2003, abbiamo scelto ciò che serve realmente da decenni: prolungare la linea A fino alla stazione della FL3 di Monte Mario, un tracciato che attraversa quartieri con una densità abitativa notevolmente superiore agli ambiti serviti dalla funivia, che ha una domanda di trasporto assolutamente inferiore”.
La Giustizia e i ladri nel pollaio
Fermiamoci a osservare i fatti: è bastato che i giornali online forzassero una dichiarazione della ministra Dadone (sai che novità quando parlano i 5 Stelle) per mettere in agitazione il piano nobile di Palazzo Chigi, al punto che poco dopo la stessa ministra doveva correggere il tiro, rinviando alla mediazione di Conte ogni decisione su una possibile uscita dei 5S dal governo in caso di approvazione della riforma Cartabia senza sostanziali cambiamenti. Dunque, l’eventuale fuga del Movimento dall’attuale maggioranza è un evidente problema, anche se – nel caso si realizzasse davvero – non basterebbe ad impedire l’approvazione di una legge quadro sulla Giustizia. E se i parlamentari pentastellati se ne andassero all’opposizione sarebbe il liberi tutti, con il via libera non agli emendamenti migliorativi, bensì a quelli peggiorativi della norma. Un assaggio lo si è visto proprio ieri, quando Forza Italia ha tentato di infilare nel testo il depotenziamento dell’abuso d’ufficio, che non c’entra nulla con il progetto della stessa Cartabia. Allo stesso tempo, su tavolo altrettanto importante del Recovery Plan, il girotondino Enrico Costa (già berlusconiano, poi con Alfano, ora con Calenda e domani chissà) ha aperto un nuovo fronte per provare a smontare la legge Severino. Perciò, otterranno anche poco, ma senza i 5 Stelle la riforma della Giustizia diventerebbe un incubo per chi ha un briciolo di valori della legalità, mentre per tutti gli altri sarà una festa.
Fontana e altre facce di bronzo
Non è l’abbronzatura, è che hanno proprio le facce di bronzo. Prendete l’industriale veneto Franceschi, re delle stamperie, che anni fa si stracciava pubblicamente le vesti perché la sua azienda offriva lavoro, ma nonostante i tanti disoccupati non si trovava chi l’accettasse. Era partita la favoletta dell’Italia terra di fannulloni, che sui giornali e in tv è diventata un mantra da quando c’è il Reddito di cittadinanza. Un investimento contro la povertà senza precedenti, che per la prima volta ha deviato un po’ di aiuti pubblici dalle pance rotonde dei soliti noti a quelle vuote di oltre tre milioni di ignoti. Ecco, ora si scopre che nella stamperia il personale non ci andava perché costretto a turni quasi doppi rispetto al normale, pagato pochi euro l’ora e senza diritti. Condizioni di schiavitù, delle quali dovranno rispondere i dirigenti dell’impresa, ma non il titolare, il quale ovviamente cade dal pero, a suo dire all’oscuro di quanto gli accadeva in casa. Un alibi che ricorda quello dei Benetton quando si scoprì che i vertici di Autostrade non facevano le manutenzioni. E dire che Franceschi, come i Benetton, era tenuto sul palmo di mano dai politici, i primi per i generosi finanziamenti alle fondazioni dei partiti, e il secondo per aver donato ai veneti un gran numero di mascherine, con l’apprezzamento del governatore leghista Zaia subito dopo lo scoppio della pandemia.
I complottisti adesso negano pure l’evidenza. Dai contagi ai morti i negazionisti manipolano i dati e li spacciano per veri!
La patologia da cui sono affetti i no vax è sempre esistita in ogni epoca. Basti pensare alle stupidaggini medievali sull’origine delle malattie e l’astrologia per giungere alla figura di Don Rodrigo, che nei Promessi Sposi non crede alla peste finché non se la piglia. Nei nostri tempi c’erano state già avvisaglie con i cretini che negavano l’Hiv e l’Aids, ma solo con il Covid il fenomeno si è manifestato nella sua estensione. Milioni di individui che non vogliono vaccinarsi mettendo a rischio la propria salute (e fin qui chi se ne frega, anzi), ma soprattutto quella degli altri (e qui invece ce ne frega molto). La strategia di questi falsi santoni della negazione, che tra parentesi hanno trovato diritto di cittadinanza proprio grazie ai social, furoreggiano tra la stupidità popolare grazie a dati o truccati o utilizzati male. Prendiamo ad esempio l’ultima fola che gira e cioè che rispetto allo stesso periodo dello scorso anno avremmo più contagiati e più vittime. Dato falso. Bufala. Fake news. Infatti rispetto allo scorso anno, come si può facilmente vedere dai dati ufficiali, abbiamo molti più contagi, ma molti meno ricoveri e vittime grazie proprio ai vaccini.
Giustizia, vertice della maggioranza con Cartabia. Salvini: “Accettiamo proposte da Draghi, non da M5s”. Conte: ‘Politica decide priorità reati? Norma critica’
Anche la previsione che consente al Parlamento di individuare i criteri di priorità dell'azione penale, per il capo in pectore del M5s, è da modificare: "Conosciamo i rapporti difficili del passato tra politica e magistratura, meglio lasciare l'obbligatorietà". Il leader leghista: "Parliamo con il premier, a noi va bene il testo approvato dal Consiglio dei ministri, ad altri no". Atteso a breve l'esito della mediazione. Ore decisive per la trattativa tra partiti e Governo sulla riforma del processo penale. In via Arenula, al ministero della Giustizia, si è concluso un incontro tra la ministra Marta Cartabia e i capigruppo dei partiti di maggioranza in Commissione Giustizia, con la partecipazione dei sottosegretari Anna Macina (M5s) e Francesco Paolo Sisto (Forza Italia). A quanto riferiscono diversi partecipanti, però, non si è parlato del nodo principale della riforma, ovvero dell’improcedibilità dopo due anni in Appello e uno in Cassazione (salve alcune eccezioni). È stato invece intavolato un esame tecnico degli altri emendamenti presentati dai gruppi, con il parere del governo che, a quanto pare, è contrario su tutti. Si attende che la mediazione sulla prescrizione possa concludersi a breve: “Il tempo stringe, già se ci si arriva domani è tardi”, spiega una fonte parlamentare vicina al dossier. L’arrivo del disegno di legge in Aula alla Camera infatti è previsto tra due giorni, venerdì 30 luglio.
Giustizia, nuovo incontro tra Cartabia e Draghi. Alla Camera respinto l’allargamento della riforma alla norma per Berlusconi: la maggioranza si spacca
In commissione Giustizia finisce 25 a 19. Forza Italia perde sull’abuso d’ufficio e sulla modifica della figura del pubblico ufficiale. Contro Pd, M5S, Leu, Costa di Azione. Lupi si astiene. Mentre la ministra Cartabia va di nuovo dal premier Draghi a palazzo Chigi per discutere l’emendamento sulla mafia, la commissione Giustizia della Camera vota e blocca il tentativo di Forza Italia di far passare una norma per aggiustare i processi di Berlusconi. Contro si schierano in 25, Pd, M5S, Leu, Costa di Azione. Maurizio Lupi si astiene. A favore invece tutto il centrodestra, con Fi sia la Lega che FdI. Dal Csm invece il vice presidente David Ermini annuncia che il parere completo sulla riforma chiesto da Cartabia andrà in plenum giovedì mattina, quindi prima che la stessa riforma approdi venerdì in aula alla Camera. Stamattina la sesta commissione lo ha licenziato con un solo voto contrario, quello di Lanzi di Forza Italia.
Covid, l’Iss: da febbraio quasi 99 morti su 100 non avevano completato il ciclo vaccinale
L'approfondimento dell’Istituto Superiore di Sanità: dal primo febbraio scorso al 21 luglio sono 423 i decessi di persone positive che avevano effettuato anche il richiamo: l'1,2% del totale delle vittime degli ultimi 6 mesi, che sono 35.776. Fra queste persone, sottolinea l'Iss, "si riscontra un’età media più alta e un numero medio di patologie pregresse maggiori rispetto alla media". Tra le persone che sono morte per Covid in Italia da febbraio ad oggi, quasi 99 su 100 non avevano completato il ciclo vaccinale. Il dato emerge dall’approfondimento contenuto nel report periodico sui decessi dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). Dal primo febbraio scorso al 21 luglio sono 423 i decessi di persone positive al Covid che avevano effettuato anche il richiamo: l’1,2% del totale delle vittime degli ultimi 6 mesi, che sono 35.776. Fra queste persone, sottolinea l’Iss, “si riscontra un’età media più alta e un numero medio di patologie pregresse maggiori rispetto alla media”.
Draghi e il governo di palazzo. Il premier non risponde a nessuno
Un lettore scrive a La Notizia: “Draghi fa quello che gli pare, senza ascoltare nessuno. Dicono che è il governo di tutti, ma a me sembra il governo di nessuno”. Credo che la definizione data dal lettore sia molto appropriata: è il governo di nessuno. Ne abbiamo avuta l’ennesima prova la settimana scorsa alla conferenza stampa di Draghi: un ceffone al M5S sulla riforma della Giustizia, e un ceffone alla Lega sul green pass. Insomma, Draghi fa esattamente quello che gli pare. Mascherato da governo di salvezza nazionale, è un governo tecnico o meglio un governo del Palazzo, che fonda la sua potenza sull’impotenza della politica. Draghi avrebbe potuto risparmiarci qualche ministro pescato dai partiti a mo’ di contentino, così non avremmo rivisto le Gelmini, le Stefani, i Brunetta e qualche altro vecchio arnese, come per esempio il capo di Gabinetto di Palazzo Chigi, Antonio Funiciello, uomo alla mano di Renzi, e il sottosegretario alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, che da avvocato di Berlusconi si è trasformato ipso facto in spauracchio dei magistrati. Sarebbe stato più trasparente nominare solo ministri tecnici, come la Cartabia, un fiorellino coltivato con diligenza da Comunione e liberazione, che è la più reazionaria e oscurantista delle congreghe cattoliche. Qualcuno paragona il governo Draghi ai vecchi “monocolore” della Dc. Ma la Dc era sorretta dal 35% (o più) dei voti.
Leggi tutto: Draghi e il governo di palazzo. Il premier non risponde a nessuno
Si allarga il fronte anti-Cartabia. Ecco chi è contro la riforma della Giustizia e chi è a favore
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