sindaco di ItaliaIl leader di Italia viva propone l'elezione diretta del premier. Lo slogan era di Segni, poi la formula fu ripresa da D'Alema, Prodi e Veltroni. Darebbe più poteri al capo del governo. Ma in Israele l'idea non ha funzionato. E per diversi costituzionalisti anche da noi è inapplicabile. L'analisi.  Un capo di governo eletto direttamente dal popolo e di cui si sappia il nome «un minuto dopo il risultato delle elezioni»: è la proposta che Matteo Renzi ha portato a Porta a porta. «Siccome non si può andare avanti così con le scene che abbiamo visto, fermi tutti: faccio un appello a tutte le forze politiche. Dico: portiamo il sistema del sindaco d’Italia a livello nazionale. Si vota una persona che sta lì cinque anni ed è responsabile. Per me la soluzione è l’elezione diretta del presidente del Consiglio», è stato il tono dell’appello. E per arrivarci il leader di Italia viva ha annunciato l’inizio di una raccolta di firme.  

 

L’ORIGINE: DA UN’IDEA DI SEGNI

Lo stesso termine “sindaco d’Italia” indica che l’idea viene dal modello di elezione diretta di sindaci presidenti di Regione. Il primo caso è a due turni, l’altro a un turno unico, ma entrambi sono riforme che hanno funzionato e che a cui i cittadini si sono abituati. Vennero fatte in contemporanrea alla riforma elettorale per il parlamento, in seguito alla stessa campagna iniziata da Mariotto Segni. E dopo queste riforme si parlò di un passaggio da una Prima a una Seconda Repubblica: anche perché Tangentopoli aveva nel frattempo completamente scombussolato il sistema dei partiti, pur se la Costituzione non era stata formalmente toccata.  

Dopo le elezioni del 1994, del 1996 e del 2001, però, il sistema dei due terzi di seggi uninominali e un terzo proporzionale soprannominato Mattarellum fu sostituito nel 2006 da un sistema proporzionale con premio di maggioranza soprannominato Porcellum. Nel gennaio 2014 la Corte costituzionale dichiarò però l’illegittimità costituzionale parziale della legge, annullando il premio di maggioranza e introducendo la possibilità di esprimere un voto di preferenza.

CONSULTELLUM E POI ITALICUM

La legge elettorale proporzionale così risultante, soprannominata Consultellum, rimase in vigore, senza peraltro essere mai stata effettivamente utilizzata, per l’elezione della Camera, fino alla sua sostituzione con l’Italicum a decorrere dal primo luglio 2016, e per l’elezione del Senato fino al novembre del 2017.

LA SCURE DELLA CORTE COSTITUZIONALE

L’Italicum prevedeva un sistema proporzionale con eventuale doppio turno, premio di maggioranza, soglia di sbarramento e 100 collegi plurinominali con capilista bloccati, con la possibilità per lo stesso candidato di partecipare all’elezione in 11 collegi. Nel gennaio 2017 la Corte costituzionale dichiarò però incostituzionale sia il turno di ballottaggio sia la possibilità per i capilista bloccati che fossero stati eletti in più collegi di scegliere discrezionalmente l’effettivo collegio di elezione.

IL ROSATELLUM E LA NUOVA POSSIBILE LEGGE

Senza essere stata mai utilizzata, anche qesta legge è stata abrogata in seguito all’entrata in vigore del Rosatellum, con cui si è votato nel 2018, e che ha reintrodotto un 37% di seggi uninominali. Ma di nuovo si sta discutendo su una possibile nuova legge elettorale (il Germanicum?), che sarebbe comunqe necessaria se va in porto il taglio dei parlamentari.

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dall'articolo di   Maurizio Stefanini  per Lettera43.it 
 
 

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