Sette siti all’interno del Comune di Roma fra i quali scegliere la prossima discarica della Capitale. Ammesso che Virginia Raggi, come appare sempre più possibile, non voglia impugnare al Tar l’ordinanza di Nicola Zingaretti che le impone di indicare l’opzione favorita entro una settimana a partire dalla trasmissione della relazione finale. È arrivata a un bivio la crisi istituzionale sui rifiuti nel Lazio e, in particolare, nella città di Roma. La commissione tecnica composta da dirigenti regionali e capitolini, con l’ausilio del Ministero dell’Ambiente, hanno individuato sul territorio del Comune di Roma sette cave di inerti, idonee per essere trasformate in “discariche di rifiuti urbani non pericolosi”.

Prima di prendere qualsiasi decisione, apprende Ilfattoquotidiano.it dal Campidoglio, la sindaca vuole condividere la relazione con la sua maggioranza. Non è escluso che l’indicazione sul da farsi possa arrivare venerdì, nel corso dell’Assemblea capitolina straordinaria convocata proprio sul tema dei rifiuti.

Le discariche selezionate e la “top 3” – Quattro dei sette siti si trovano in zona Castel di Leva, fuori dal Grande Raccordo Anulare, fra la Laurentina e l’Ardeatina, e appartengono alle società Ecofer srl, Cortac, Adrastea srl e Quattro A srl. La cava dell’Adrastea di via Canestrini, in particolare, fa parte dei siti del gruppo che fa capo a Vittorio Ugolini, indagato dalla Dda di Roma per aver – secondo gli inquirenti – sversato tonnellate di percolato illegale in vari siti fra la provincia di Roma e quella di Latina, fra cui il fosso che costeggia il sito individuato dalla commissione, dove attualmente vengono depositati gli scarti del cantiere della metro C. Gli altri tre siti sono di proprietà dell’azienda Cerchio Chiuso, in zona Pisana (nei pressi della sede del Consiglio regionale del Lazio), della Ngr di Malagrotta e della Daf di Corcolle, tutte aree fuori dal Gra. In “pole position”, secondo le valutazioni della Regione Lazio, ci sarebbero l’area Ecofer sull’Ardeatina – vicinissima alla villa dell’ex ministro Renato Brunetta, che ha già manifestato platealmente il proprio malcontento –, quella appunto del gruppo Sep di Ugolini e quella della Pisana, in zona Monte Carnevale. Questi tre siti sarebbero potenzialmente pronti al massimo entro 30-60 giorni.

Ma Raggi valuta di impugnare l’ordinanza al Tar – Questa la nota tecnica. Ma va detto che Virginia Raggi non sembra avere alcuna voglia di scegliere uno di questi siti o, comunque, di essere ricordata come la sindaca che ha riportato le discariche a Roma. Anche perché, secondo il Campidoglio, si tratta di una specie di “emergenza indotta”. L’urgenza, infatti, deriva dal fatto che la discarica di Colleferro, nella Valle del Sacco, a 30 km da Roma, chiuderà i battenti il 15 gennaio in virtù di un accordo politico fra il governatore Zingaretti e il sindaco Pierluigi Sanna. All’interno del sito gestito da Lazio Ambiente Spa – società a totale partecipazione regionale – ci sarebbero almeno altri 245mila metri cubi di spazio, circa un anno di conferimenti alla velocità attuale. La sindaca, invece, sarebbe costretta a scegliere in appena una settimana la nuova discarica, “in deroga alle normative ambientali” e senza neanche il nuovo piano rifiuti regionale approvato, visto che il documento passato in Giunta non è ancora nemmeno arrivato in Consiglio regionale. Fra l’altro, il probabile ricorso del Campidoglio si aggiungerebbe a quello già annunciato dalla società Rida Ambiente di Aprilia (in provincia di Latina), che con la chiusura di Colleferro non sarebbe in grado di smaltire gli scarti prodotti dal proprio impianto.

La guerra trasversale fra la città e la provincia – Il caos derivante dall’assenza di programmazione in tutta la Regione – chiusa Colleferro, resterebbero aperte solo due discariche, Roccasecca (Frosinone) e la minuscola Civitavecchia – ha letteralmente messo contro la Capitale e i comuni della sua provincia. Trentaquattro sindaci hanno pubblicato un appello in cui dicono che “non vogliamo essere l’immondezzaio di Roma”. Alcuni dei loro comuni, però, fanno parte della lista dei 51 che portano i loro rifiuti a Roma, al tritovagliatore di Rocca Cencia di proprietà del Colari di Manlio Cerroni, cui va aggiunto il comune di Fiumicino che conferisce al tmb di Malagrotta. Il Pd del Comune di Marino, ad esempio, non vuole che vengano indicate discariche sull’Ardeatina (pur essendo Comune di Roma) ma allo stesso tempo alcuni esponenti del Pd Roma, nella direzione cittadina di ieri, hanno attaccato pesantemente i propri esponenti in Regione, affermando che “così ci fate perdere le elezioni del 2021”.

Salvini attacca Raggi citando Milano. Che però conferisce a Brescia – “Sto con i cittadini di Civitavecchia, di Frosinone e di tutte le province del Lazio che in queste ore scenderanno in piazza per bloccare le strade”, ha detto nei giorni scorsi Matteo Salvini, chiedendo le dimissioni di Virginia Raggi e stigmatizzando il fatto che la sindaca di Roma abbia portato per alcuni giorni i rifiuti romani nella discarica di Civitavecchia, guidata da un sindaco leghista. Lo stesso comune dove la lombarda A2A – di cui Salvini detiene 3.500 azioni – propone un inceneritore proprio per bruciare (anche) i rifiuti capitolini. Il leader leghista cita la sua Lombardia come modello virtuoso. Eppure in quella regione i dati Arpa (riferiti al 2016) certificano una realtà diversa. La città di Milano – dotata di un ottimo porta a porta – non ha una sua discarica. I rifiuti meneghini finiscono in altre province come BresciaLodi e Mantova. Le quattro discariche della provincia di Milano (3,2 milioni di persone) ricevono conferimenti annui per 166mila tonnellate, mentre le 20 discariche della provincia di Brescia (1,2 milioni di abitanti) sono invase da 2,4 milioni di tonnellate l’anno.

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dall'articolo de IlFattoQuotidiano.it 

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