governo draghi salvini 2l leader della Lega vuole entrare nell'esecutivo "europeista" di SuperMario. Perché punta a mandarlo al Quirinale dopo il semestre bianco e subito dopo andare alle elezioni e vincerle. Ma il suo piano potrebbe avere un intoppo. Ecco quale. Il governo Draghi sarà europeista ed atlantista, ha detto il presidente del Consiglio incaricato "con riserva" nel secondo giro di consultazioni con le forze politiche che si concluderà oggi. E proprio per questo SuperMario ha un problema con un nome e un cognome: Matteo Salvini. Il quale ha detto sì all'entrata in maggioranza sparigliando le carte nel centrodestra e, soprattutto, mettendo in seria difficoltà il Partito Democratico e il MoVimento 5 Stelle. Ma ha anche fissato un limite temporale per la durata dell'esecutivo ("Noi ci saremo per i mesi che serviranno") e nel frattempo accetterebbe volentieri, come si suol dire, un incarico di ministro. Ambirebbe alla Difesa oppure all'Agricoltura: niente Interni, visto che lì rimarrà con tutta probabilità l'odiata Luciana Lamorgese. Intanto Silvio Berlusconi prova a ritagliare nuovi spazi per Forza Italia: "Non era pensabile una prosecuzione dell'esperienza precedente, né un suo allargamento. Occorreva qualcosa di totalmente nuovo". E Rutelli chiama in causa il governo Ciampi del 1993, già preso a modello da Draghi. 

Il governo Draghi ha un problema: Salvini ministro

Le due questioni, come è facilmente intuibile, sono strettamente collegate all'interno della trattativa per definire il perimetro della maggioranza che sosterrà il governo Draghi. Nel senso che basta dare un'occhiata al calendario della politica per capire che c'è un problema di date attorno alla questione della durata del governo tecnico-politico che l'ex presidente della Banca Centrale Europea sta costruendo. Tutto ruota intorno al semestre bianco, ovvero a quel periodo di sei mesi che precede l'addio del vecchio presidente della Repubblica e l'elezione del nuovo, nel quale non è possibile sciogliere le Camere. In questo caso il semestre bianco scatta a fine luglio e quindi ci sono due punti fermi: il primo è che non si può andare ad elezioni dopo quella data (e quindi la nascita del governo Draghi non avrebbe precise date di scadenza), il secondo è che è lo stesso Mario Draghi il candidato più autorevole a prendere il posto di Sergio Mattarella quando si voterà per il Quirinale. 

Nella testa del centrodestra quindi lo scenario che si immagina per tornare al potere è quello di un Draghi che governa fino alla scadenza del mandato di Mattarella e poi sale al Colle all'inizio del 2022 lasciando vacante il posto di presidente del Consiglio: a quel punto la Lega, che l'avrà eletto insieme alla maggioranza che tra poco lo sosterrà in parlamento, chiederà con l'intero centrodestra che il primo atto del nuovo inquilino del Quirinale sia proprio lo scioglimento delle camere (anzi, il secondo: il primo dovrà essere il varo di un governo che porti alle elezioni). Il piano B ci sarebbe, ma è molto difficile da attuare: la Lega potrebbe mollare Draghi nel momento in cui si rendesse conto che questo scenario si allontana e cercare di portare alla crisi e alle elezioni prima del semestre bianco. Ma si tratta dello stesso piano elaborato al Papeete e tutti ricordano sia com'è finita sia quanto sia costato in termini di consensi erosi da Fratelli d'Italia al Carroccio. 

Per questo Salvini ambisce a fare il ministro del governo Draghi e per questo, dopo averlo osteggiato e criticato in più occasioni accusandolo addirittura di essere "complice" di chi "sta massacrando la nostra economia", ora sta diventando il suo primo fan. E lo sta diventando talmente tanto che ha promesso che si vaccinerà senza citare il suo medico di famiglia e che sui migranti "bastano le leggi europee", ovvero proprio quelle messe in campo dall'un tempo odiata Angela Merkel. La metamorfosi da sovranista ad europeista si sta compiendo con i consueti tempi (rapidissimi, quasi lampanti) della politica italiana, a dimostrazione che dalle nostre parti la situazione è spesso disperata, ma mai seria. 

La metamorfosi di Salvini da sovranista ad europeista

I retroscena dei giornali in ogni caso dipingono un Capitano "disponibile" (bontà sua) ad entrare nel nuovo governo ma senza l'intenzione di forzare la mano. Intanto, spiega oggi La Stampa, ha fatto sapere che al Parlamento europeo la Lega potrebbe cambiare atteggiamento sul regolamento del Recovery Fund:

Gli eurodeputati leghisti si erano astenuti durante il governo Conte, ma ora attendono l’incontro con Draghi prima di prendere la decisione definitiva. Da quello che ci risulta la decisione sarebbe già stata presa: il voto sarà positivo. Ci manca solo che Salvini annunci l’iscrizione al Ppe e la riconversione giorgettiana sarebbe compiuta.

Ma se il cambio di prospettiva del Capitano è benedetto da Giancarlo Giorgetti, suo pigmalione, e dai governatori come Luca Zaia e Massimiliano Fedriga ("Usciremo rafforzati dall'esperienza Draghi"), ci sono due ordini di problemi che forse il leader della Lega non ha ancora considerato. Il primo è che Mario Draghi è proprio quel Mario Draghi. Ovvero colui che mai avrebbe varato Quota 100 e che sul ritiro dal lavoro la pensa in maniera diametralmente opposta rispetto a Salvini.

Non solo: in questo anno di emergenza coronavirus abbiamo visto la Lega criticare spesso - e giustamente - il governo Conte per i ritardi sulla cassa integrazione, sui bonus e sui ristori alle attività produttive colpite dal lockdown. Ebbene, proprio ieri Draghi illustrando il suo programma alle forze politiche ha spiegato che è finito il tempo dei contributi a fondo perduto e che i soldi vanno usati per gli investimenti e non per i sussidi. Secondo una prospettiva squisitamente keynesiana che oggi Salvini elogia ma di cui presto potrebbe saggiare le conseguenze sulle categorie a cui il Capitano è abituato a lisciare il pelo. E a cui comincerà a lisciarlo Giorgia Meloni, che invece dalla maggioranza che sostiene Draghi si sta tenendo fuori e ieri, dopo che qualcuno aveva fatto notare il silenzio suo e di Salvini sullo sbarco dei 422 dalla Ocean Viking, si è affrettata a tornare sul tema via Facebook: "Per Fratelli d'Italia la difesa dei confini e la lotta all'immigrazione incontrollata di massa rimarranno priorità e in Parlamento continueremo a sostenere le nostre proposte: blocco navale al largo delle coste libiche per fermare le partenze, centri sorvegliati per chi entra illegalmente, rimpatri immediati per chi non ha diritto alla protezione internazionale e stop alle Ong taxi del mare". 

E se Draghi fermasse la corsa del Capitano?

Un segnale molto chiaro di quello che aspetta il Capitano nei mesi (o anni?) in cui sosterrà (sosterrà?) il governo Draghi. Che però potrebbe non essere l'unico. Repubblica oggi dedica un ritratto da favola (Cappuccetto Rosso) al Capitano, paragonato al lupo che entra al governo con la cuffia della nonna, ma racconta anche in un retroscena che SuperMario non ha nessuna intenzione di accettare diktat dai partiti. E si parla proprio dell'entrata di Salvini al governo e dei possibili maldipancia che arriverebbero dalle altre forze politiche, ovvero il Pd e il M5s. Per contro, lui non ha intenzione di mettere paletti ma nemmeno di farseli imporre su nessuno. E quindi chi vuole starci dovrà accettare il suo programma. Sul quale non intende trattare. Così come sulla lista dei ministri. 

E allora in attesa che Draghi sciolga la riserva sulla formula, ovvero sul modello Ciampi (tanti politici, pochi tecnici) o sul modello Dini (tanti tecnici, pochi politici),  il rischii è che sia lo stesso presidente della Bce a fermare la corsa del Capitano. Senza però fare nulla in concreto. Ma semplicemente esponendo un programma (europeista, atlantista, senza contributi a fondo perduto) che Salvini dovrebbe sottoscrivere smentendo così tutta la politica di questi anni che lo ha portato al suo massimo consenso. Ma al Capitano conviene? O magari per Salvini diventerà prima o poi un problema essere ministro del governo Draghi? 

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dall'articolo di ToDay.it

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