Imagoeconomica conte al quirinaleCostruttori adesso o mai più. Oggi il premier sale al Colle per dimettersi, ricevere il reincarico e tentare la sfida del Conte ter. Così i giallorossi provano a stanare i responsabili per dare vita ad un nuovo Governo libero dai diktat di Renzi.  a situazione a tratti è paradossale: soltanto fino a pochi giorni fa nessuno avrebbe mai pensato che Giuseppe Conte potesse essere in bilico. Dopo il voto di fiducia conquistato sia alla Camera sia al Senato (seppure con la maggioranza relativa) sarebbe stata solo questione di tempo – era questa la vulgata maggiore all’interno sia del Movimento cinque stelle che del Pd – e un nugolo di senatori pronti a sostenere il presidente del Consiglio sarebbero stati trovati. E invece nulla di tutto questo è avvenuto.  I cinque senatori che avrebbero dovuto allontanarsi da Italia viva e da Matteo Renzi sono rimasti fedeli al loro segretario. Ed esattamente lo stesso è avvenuto in Forza Italia con Silvio Berlusconi. Ecco allora la decisione, sofferta, presa nella giornata di ieri ma che di fatto – come La Notizia aveva scritto già sabato – era nell’aria sin dalla scorsa settimana: l’unica carta rimasta sul tavolo per salvare Giuseppe Conte è quella di andare al Quirinale, dimettersi, ricevere verosimilmente un incarico esplorativo di modo che possa essere lo stesso presidente del Consiglio a incontrare i cosiddetti “responsabili”. Questo è quello che, salvo sorprese, accadrà nei prossimi giorni. Insomma, non più semplice rimpasto – come avrebbero preferito soprattutto i pentastellati – ma un effettivo passaggio dal Conte-bis al Conte-ter

LE CARTE IN TAVOLA. La ragione è prosaicamente semplice: in questo modo, spiegano fonti parlamentari, la trattativa può essere molto più allettante per i “responsabili” che, adesso, possono far valere il loro peso chiedendo uno spazio concreto all’interno del prossimo governo. Bisognerà vedere a questo punto se una così ampia trattativa possa bastare o meno. Al momento ciò che pare certo è che Pd, Leu e il Movimento stesso hanno fatto quadrato intorno a Conte. L’intento è chiaro: scongiurare l’ipotesi che qualcuno – come starebbe facendo Matteo Renzi ormai da mesi, e non solo lui – possa lavorare a una nuova maggioranza, ma senza Conte.

PEONES ALL’ORIZZONTE. Sebbene infatti nessuno ne parli all’interno né di Pd né di Cinque stelle, soprattutto tra i cosiddetti peones non sono pochi coloro che stanno cominciando a prendere in esame anche quest’alternativa: sacrificare l’amato Conte pur di evitare il voto anticipato. Che sia un’ipotesi frutto dell’impegno a non mandare l’Italia in malora in un periodo complicato o l’interesse personalistico di non perdere la poltrona (considerando peraltro che le prossime elezioni vedranno meno posti “onorevoli” in palio dopo il referendum sul taglio dei parlamentari), è difficile dirlo.

Ma le parole di ieri del senatore M5S Emilio Carelli (“Se i responsabili non ci sono, parliamo con Renzi”) hanno raccolto non pochi consensi. E – questo è ciò che preoccupa i vertici – non solo tra le seconde linee ma anche tra chi invece riveste ruoli di primo piano. Alcuni parlamentari e sottosegretari, infatti, avrebbero commentato nelle chat privati con parole favorevoli l’intervista resa al Corriere della Sera.

LE CARTE DA OFFRIRE. Ecco, dunque, che la partita si complica, e non poco. Questa settimana si decide non solo il futuro dell’esecutivo Conte. Ma anche molto altro. Se infatti alcuni parlamentari pentastellati dovessero essere disposti a trattare con Renzi, a risentire sarà inevitabilmente la stabilità di un Movimento già traballante per via della mancanza di una guida chiara (a causa del fatto che il tanto agognato comitato direttivo non è mai stato eletto nonostante siano passati ormai mesi). Non solo. Seppure il Movimento dovesse restare unito attorno al nome di Conte, a spaccarsi potrebbe essere il Pd.

Nonostante Nicola Zingaretti sia stato chiaro sulla linea pro-Conte, la sua posizione – secondo quanto risulta al nostro giornale – non è condivisa da tutti i parlamentari, disposti anche loro a trattare su un nuovo presidente del Consiglio. Se questo dovesse accadere, però, significherebbe la fine di un’intesa strutturale con i Cinque stelle, cosa su cui Zingaretti lavora ormai da mesi. L’unica alternativa per salvare capre e cavoli, dunque, è trovare i responsabili. Anche offrendo ministeri di peso, a cominciare da Interno e Lavoro. Un prezzo da pagare altissimo, ma inevitabile vista la “crisi scellerata” in cui siamo piombati, come più di qualcuno l’ha definita.

Articolo di Carmine Gazzanni  per LaNotiziaGiornale.it

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